mercoledì 22 maggio 2013

Verdura e thè verde per combattere l'artrosi anche a tavola

PREVENZIONE

Verdura e tè verde per combattere
l'artrosi anche a tavola
Il ruolo degli antiossidanti e di sostanze che contrastano l'infiammazione

Dieta mediterraneaDieta mediterranea
Combattere l'artrosi con uno stile di vita corretto è la prima linea di difesa contro questa malattia. Lo dicono gli esperti di un centro di ricerca canadese, e di uno danese, che hanno messo in evidenza gli accorgimenti che possono aiutare a prevenire e affrontare questa malattia degenerativa delle articolazioni che solo in Italia interessa circa 4 milioni di persone. Nella loro revisione degli studi scientifici sull’argomento (da poco pubblicata su Arthritis), i ricercatori hanno insistito su due fattori, finora piuttosto trascurati, strettamente legati alla comparsa e alla progressione dell'artrosi: l'infiammazione e lo stress ossidativo (il danno causato al l'organismo da una eccessiva produzione di radicali liberi o da un’insufficiente presenza di difese anti-ossidanti).
«In effetti — commenta Francesca Oliviero, specialista in Scienze dell'alimentazione e ricercatrice presso la cattedra di reumatologia dell'Università di Padova — l'artrosi non è più considerata solo una malattia degenerativa della cartilagine legata all'invecchiamento. Dati scientifici sempre più numerosi dimostrano come anche nell'artrosi si verifichi il rilascio di sostanze pro-infiammatorie, come le citochine, in grado non solo di causare il processo infiammatorio, ma di aumentare i fattori di rischio per le malattie associate all'artrosi come l'aterosclerosi».
Ma esiste uno stile di vita anti-infiammatorio? Secondo la nostra esperta sì. «Nella revisione in questione, il modello alimentare mediterraneo - basato prevalentemente sul consumo di frutta, verdura, olio extravergine d'oliva, legumi, pesce, frutta secca oleosa - è indicato come il modello migliore di alimentazione per ridurre alcuni marcatori dell'infiammazione, in particolare la proteina C reattiva. E tra i componenti della dieta mediterranea cui vengono attribuiti gli effetti benefici maggiori — prosegue Oliviero — c’è l'olio di oliva extravergine, ricco di acido oleico e composti fenolici. Negli ultimi anni ha suscitato notevole interesse anche il tè verde. In un nostro studio appena, pubblicato su Frontiers Pharmacology Inflammation, abbiamo dimostrato come uno dei principi attivi del tè verde (epigallocatechina gallato) diminuisca la risposta infiammatoria agendo su specifiche vie biochimiche». Nello studio dei canadesi e dei danesi viene ribadito anche il classico consiglio di perdere peso (l'obesità è uno dei principali fattori di rischio per l'artrosi) acquista più valore perché il dimagrimento, oltre a ridurre lo stress meccanico causato dai chili di troppo sulle articolazioni, diminuisce l’infiammazione sistemica e, di conseguenza, i sintomi dell'artrosi. Il tessuto adiposo, infatti, è in grado di rilasciare molecole infiammatorie, come la leptina e le citochine, la cui liberazione può essere ridotta o addirittura soppressa dalla diminuzione della massa grassa. «Accanto al controllo del peso — conclude Oliviero — non va dimenticata l’importanza di un' attività fisica regolare, svolta in maniera adeguata alle capacità e alle caratteristiche personali. La ginnastica in acqua e il nuoto sono particolarmente utili nel caso di pazienti con artrosi che non possono praticare esercizi a terra a causa dei sintomi dolorosi o di altri fattori. In acqua infatti le articolazioni sono sottoposte ad un impatto minimo»
Carla Favaro

martedì 5 marzo 2013

Elettricità, consumi a picco a febbraio


Calo dell’8,1% rispetto all’anno scorso nonostante il grande freddo


In calo a febbraio l’energia elettrica richiesta in Italia, pari a 25,7 miliardi di kWh: la flessione è stata dell’8,1% rispetto a febbraio dello scorso anno. Lo rileva Terna. Depurata dagli effetti di temperatura e calendario, la variazione della domanda elettrica di febbraio 2013 diventa -5,1%. Rispetto al corrispondente mese di febbraio del 2012, quest’anno si è infatti avuto un giorno in meno (lo scorso anno è stato bisestile) ma una temperatura media mensile di circa un grado centigrado inferiore.  

I 25,7 miliardi di kWh richiesti nel mese di febbraio 2013 sono distribuiti per il 46,7% al Nord, per il 29,4% al Centro e per il 23,9% al Sud. A livello territoriale, la variazione della domanda di energia elettrica si è articolata in maniera differenziata sul territorio nazionale: -7,2% al Nord, -7,9% al Centro e -10,0% al Sud. A febbraio la domanda di energia elettrica è stata soddisfatta per l’83,2% con produzione nazionale e per la quota restante (16,8%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. In dettaglio, la produzione nazionale netta (21,6 miliardi di kWh) è calata del 14,7% rispetto a febbraio 2012. Sono in crescita le fonti di produzione idrica (+43,0%), eolica (+19,1%) e fotovoltaica (+11,2%), in flessione le fonti termoelettrica (-23,9%) e geotermica (-4,6%).  

In termini congiunturali, la variazione destagionalizzata della domanda elettrica di febbraio 2013 rispetto al mese precedente è stata pari a -0,6%. Il profilo del trend si mantiene su un percorso di lenta decrescita. Nel primo bimestre del 2013 la domanda di energia elettrica è risultata in flessione del 5% rispetto ai valori del primo bimestre del 2012; a parità di calendario il valore è -3,7%. 

da La Stampa

venerdì 9 novembre 2012

Inglese: italiani bocciati, scuola colpevole!

Gli italiani non sanno l'inglese. E la scuola italiana è la responsabile di questo grave scempio culturale che i miei allievi continueranno a pagare. I risultati di una vasta ricerca realizzata da Ef, Education First, nota organizzazione internazionale specializzata in corsi di lingua all'estero, ci attribuiscono l'ennesima maglia nera: gli italiani sono all'ultimo posto in Europa nella conoscenza della lingua inglese.
La ricerca Ef Epi (English Proficiency Index), basata su un test di grammatica, vocabolario, lettura e comprensione orale della lingua sottoposto a 1,7 milioni di adulti in 54 Paesi del mondo, nel triennio 2009-2011, colloca l'Italia al 24° posto per la padronanza dell'inglese, in coda a tutti i Paesi dell'Unione Europea. Numeri che danneggiano l'economia del nostro Paese: i giovani che non sanno l'inglese difficilmente potranno essere competitivi a livello europeo e non solo. A lanciare l'allarme è la rivista Tuttoscuola che ha diffuso i dati della ricerca.
Ai primi posti si classificano la Svezia (con un indice Epi di 68,91), la Danimarca (67,96) e i Paesi Bassi (66,32). L'Italia ha un indice di 54,01 con forti differenze regionali: il Friuli Venezia Giulia risulta l'unica regione italiana con un accettabile livello di conoscenza dell'inglese (indice pari a 59,19 a livello di Germania e Polonia), seguito dalla Lombardia (57,38) trainata da Milano (58,60) e dal Lazio (56,03). All'ultimo posto la Calabria (47,88), la cui capacità linguistica è paragonabile a quella del Venezuela o della Siria.
Ma perché ci siamo ridotti così? Sul tavolo degli imputati dobbiamo mettere la scuola. Fino al 2003/2004 l'insegnamento della lingua inglese non era obbligatorio alla scuola primaria. Una falla nel sistema scolastico italiano che ha portato a delle conseguenze gravi. Chi oggi ricopre ruoli dirigenziali spesso non sa l'inglese. La maggior parte dei docenti lo sa male. La scuola oggi ha il compito di cambiare questo triste primato che ci classifica al 24esimo posto ma lo può fare se il sistema d'istruzione italiano inizierà a ritenere l'inglese, come dev'essere per l'informatica, una materia di prim'ordine.

Alex Corlazzoli

mercoledì 1 agosto 2012

Insalate estive


Tempo di preparazione ,20 minuti circa
Porzioni 4
Ingredienti :
-200g di Philadelphia Light
-600g di petto di pollo
-200g di insalata a piacere
-0,5 bicchieri di latte
-2 cucchiai di olio
-sale e pepe
Preparazione
Salate i bocconcini di pollo in padella con un filo di olio, quando saranno dorati aggiungete la Philadelphia e mezzo bicchiere di latte fino a creare una crema corposa .
Distribuite nei piatti l'insalata aggiungendo il pollo con la crema e condite a piacere .
Suggerimento ,aggiungendo mezzo cucchiaino di senape alla Philadelphia otterete un gusto più saporito .

venerdì 13 aprile 2012

L'energia elettrica di notte costa di più

Nella fascia 17-21 il prezzo dell'elettricità è salito del 30% nell'ultimo quadrimestre 2011


La beffa della tariffa bioraria
L'energia di notte ora costa di più

L'arrivo delle rinnovabili ha rivoluzionato il mercato elettrico


Contatori (Ansa)
MILANO - Fare andare la lavatrice di notte per risparmiare sulla bolletta. Oppure la lavastoviglie, il ferro da stiro, lo scaldabagno, ma tassativamente dopo le sette di sera o prima delle otto del mattino. Si chiamano «tariffe biorarie» e sono diventate popolari dalla seconda metà del 2010. Ma ora, dopo due anni, rischiano di tramutarsi in una mezza delusione. O quanto meno in una promessa sempre più difficile da mantenere appieno: si era partiti puntando su un progressivo incremento del risparmio in bolletta per i consumatori, dal 5% in su. Adesso ci si accorge che, rebus sic stantibus , non sarà più possibile. Per provare a incidere con un incentivo concreto sulle abitudini di consumo degli italiani bisognerà procedere come minimo a una revisione dell'attuale meccanismo.

Che cosa è successo? Che ci si è messa di mezzo una rivoluzione del mercato dell'energia. In sintesi: l'energia elettrica, nelle fasce serali, oggi non è più così a buon mercato come è storicamente stato. Anzi, in qualche caso il suo prezzo è addirittura superiore a quello delle «ore di punta», la fascia oraria tra le 8 e le 19 che va dal lunedì al venerdì e che concentra i maggiori consumi. Intendiamoci: chi ha stipulato contratti «biorari» sul libero mercato o non si è mai affidato a offerte alternative a quelle previste dall'Autorità (la «maggior tutela») continuerà a pagare quanto previsto da ciò che ha sottoscritto (e finché dura il contratto). Chi ha optato per la formula che va per la maggiore sul mercato libero, quella «flat» (tutto compreso e prezzo bloccato per un periodo predeterminato), non vedrà differenze. Ma l'idea che la tariffa bioraria consenta di difendersi dagli aumenti in bolletta dovrà in qualche modo essere ripensata. E con essa anche il proposito «strategico» di cambiare il modello di consumo degli italiani.

Ciò che è accaduto è il risultato dell'irruzione sul mercato elettrico delle energie rinnovabili, eolico e fotovoltaico: 6.600 megawatt di potenza installata a fine 2011 per il primo e 12.500 megawatt per il secondo. Quando vanno a pieno regime, prevalentemente durante le ore diurne e quindi di «picco», hanno diritto di precedenza su tutte le altre forme di energia. La conseguenza è che il parco delle centrali elettriche a gas, «spiazzato» dai nuovi venuti, è stato via via confinato in orari periferici, e si attiva con minor frequenza. Quando il sole tramonta, però, si assiste a un evento particolare: non solo vengono a mancare quasi d'improvviso le forniture di energia rinnovabile, ma il sistema deve anche affrontare l'innalzamento serale dei consumi, una «rampa di carico» inferiore a quella della mattina presto, ma non trascurabile. Per coprirla si richiamano in servizio le centrali a gas, ma questo continuo «stop and go», e la necessità di tenere accesi e pronti all'intervento gli impianti, ha un costo. Di più: le aziende proprietarie sanno benissimo che hanno poche ore nella giornata per «recuperare» i margini necessari per ripagare almeno il combustibile. E si muovono di conseguenza, tenendo alti i prezzi.

Risultato: nel 2011, nelle ore di maggior produzione fotovoltaica (dalle 7 alle 16), l'incremento di prezzo è rimasto contenuto al 7% rispetto al 2010. Nelle altre ore è cresciuto invece del 20%. Nella fascia dalle 17 alle 21, nell'ultimo quadrimestre 2011, è stato del 30%. Lo scorso marzo si è assistito addirittura al sorpasso: il prezzo delle ore serali ha superato (93 euro/mwh contro 83) quello delle ore diurne. Se ad essere colpiti sono i cittadini ancora in «maggior tutela» (e le aziende che hanno concentrato i consumi di notte) urge comunque una correzione del sistema, magari scadenzando diversamente la divisione tra ore «di punta» o «intermedie» o «fuori punta». L'Autorità per l'energia ci sta pensando, ma la questione è delicata perché riguarda il «messaggio» da trasmettere ai consumatori. E in questi tempi difficili il rischio di disorientarli è elevato.


Stefano Agnoli
13 aprile 2012 | 11:06

giovedì 12 aprile 2012

Il modo migliore per dimagrire: mangiare meno grassi e fare un po' di moto

Limitare il consumo di grassi e aumentare il movimento fisico: due regole, semplici da capire e non troppo difficili da applicare, per dimagrire davvero e, tutto sommato, senza grandi sacrifici. È il risultato di uno studio pubblicato sull'American Journal of Preventive Medicine da un team di studiosi guidati da Jacinda Nicklas, ricercatrice del Beth Israel Deaconess Medical Center e dell'Harvard Medical School (Usa), che hanno messo a confronto i risultati di diverse tipologie di diete su un totale di oltre quattromila soggetti obesi (indice di massa corporea superiore o uguale a 30) dai venti anni di età in su.

"Il metodo più efficace per dimagrire - spiega Nicklas - è quello meno complicato: mangiare meno grassi e svolgere una regolare attività fisica. Questa è la modalità che porta i migliori risultati rispetto a diete popolari o alla moda, alle pillole per dimagrire e ai prodotti dietetici". Dallo studio è emerso che oltre il 40% del campione impegnato con il regime dietetico consigliato dai ricercatori ha perso più del 5% del proprio peso in un anno. "Questa è un'ottima notizia perché gli studi hanno dimostrato che anche una riduzione del 5% del peso può portare al miglioramento della salute - conclude Nicklas -. È interessante notare che il metodo migliore per dimagrire sia anche quello più economico e alla portata di tutti".

(aggiornato il 12/04/2012)

martedì 1 novembre 2011

Veronesi "una regola d'oro, mangiare meno"

La regola d'oro della prevenzione? Mangiare meno, assicura in questo articolo Umberto Veronesi, garante scientifico di OK.

«Vi siete mai chiesti perché mangiamo? È una di quelle domande semplici dietro le quali si scopre la complessità dei meccanismi che consentono la vita. Il primo motivo è quello di permettere all'organismo degli esseri viventi di crescere, di passare dallo stadio infantile a quello adulto, in cui si raggiunge la maturità sessuale e quindi la capacità di riprodursi. La seconda funzione dell'alimentazione è quella di conservare la vita. Il cibo dà energia al nostro organismo e mantiene un livello calorico sufficiente a conservare la temperatura del corpo propria di ogni specie. Nel caso dell'uomo, 37 gradi centigradi.
Che cosa succede se il cibo non arriva? L'organismo preleva calorie dai depositi di grasso, che previdentemente vengono immagazzinati quando ci si nutre. La salute sta nel mantenere in equilibrio questo processo di entrate e uscite: se si mangia troppo, si va oltre lo scopo naturale per cui esistono i depositi di grasso. E si diventa obesi.
Nei Paesi del benessere, è un fenomeno sempre più diffuso, di cui si danno varie spiegazioni. Per alcuni, l'impulso a mangiare oltre misura deriva da una fame ancestrale, sarebbe una specie di comando rimasto nel nostro cervello e pronto ad attivarsi in presenza del cibo.