martedì 1 novembre 2011

Veronesi "una regola d'oro, mangiare meno"

La regola d'oro della prevenzione? Mangiare meno, assicura in questo articolo Umberto Veronesi, garante scientifico di OK.

«Vi siete mai chiesti perché mangiamo? È una di quelle domande semplici dietro le quali si scopre la complessità dei meccanismi che consentono la vita. Il primo motivo è quello di permettere all'organismo degli esseri viventi di crescere, di passare dallo stadio infantile a quello adulto, in cui si raggiunge la maturità sessuale e quindi la capacità di riprodursi. La seconda funzione dell'alimentazione è quella di conservare la vita. Il cibo dà energia al nostro organismo e mantiene un livello calorico sufficiente a conservare la temperatura del corpo propria di ogni specie. Nel caso dell'uomo, 37 gradi centigradi.
Che cosa succede se il cibo non arriva? L'organismo preleva calorie dai depositi di grasso, che previdentemente vengono immagazzinati quando ci si nutre. La salute sta nel mantenere in equilibrio questo processo di entrate e uscite: se si mangia troppo, si va oltre lo scopo naturale per cui esistono i depositi di grasso. E si diventa obesi.
Nei Paesi del benessere, è un fenomeno sempre più diffuso, di cui si danno varie spiegazioni. Per alcuni, l'impulso a mangiare oltre misura deriva da una fame ancestrale, sarebbe una specie di comando rimasto nel nostro cervello e pronto ad attivarsi in presenza del cibo.

mercoledì 7 settembre 2011

Mangia sano e fai più punti

SOCIAL GAME
Mangia sano e fai più punti
così la dieta diventa un gioco
Una start-up olandese imita il modello di Foursquare e trasforma l'alimentazione personale in un gioco collettivo. Una tendenza sempre più diffusa, sia per dimagrire ma anche per il mondo del business. Ecco come funzionano
di MAURO MUNAFÒ

venerdì 2 settembre 2011

La rivincita di Caterina d'Aragona

Orgogliosa, sobria, regina
fino in fondo. Una biografia
celebra la prima moglie
di Enrico VIII, ripudiata
per Anna Bolena
MASOLINO D'AMICO

In Enrico VIII Shakespeare fa di Caterina d’Aragona, la moglie ripudiata dal sovrano, una donna di grande dignità, virtù ed eloquenza, cosa tanto più notevole in un dramma che celebra la nascita della figlia di Anna Bolena. Dopo di lui però pochi hanno dato un simile rilievo al personaggio, almeno fino all’odierna biografia (Catherine of Aragon: The Spanish Queen of Henry VIII, Faber & Faber, pp. 458, £ 20) di Giles Tremlett in cui l’autore, che è di casa a Madrid e sfrutta documenti che gli storici inglesi hanno trascurato, si giova di un punto di vista spagnolo.

Caterina era nata da Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, che uniti formavano una potenza senza eguali in Europa; ma venendo dopo altri quattro rampolli era, dal punto di vista delle alleanze, una merce di scambio meno preziosa per esempio di sua sorella Giovanna data in moglie all’Imperatore. Lei a suo tempo avrebbe ereditato il trono materno e suo figlio, diventato Carlo V, avrebbe dominato mezzo mondo. La piccola Caterina dovette contentarsi di essere un buon affare per la dinastia Tudor, che si era appena insediata sul trono inglese con Enrico VII, emerso dalle complicate turbolenze della Guerra delle due rose. Combinate durante l’infanzia di Caterina e di Arturo, primogenito di Enrico, queste nozze furono finalmente celebrate quando lo sposo aveva quindici anni e la sposa uno di più. La principessa era stata istruita nella religione e nella cultura classica, ma non nell’inglese, lingua che avrebbe appreso soltanto dopo molti anni di residenza nell’isola. L’unione durò meno di sei mesi, entrambi gli sposi risentendo del malsano clima del castello gallese che Arturo era stato mandato a governare; lei sopravvisse alle febbri, lui no.

Rimasta vedova, Caterina non fu rispedita in patria, in attesa che padre e suocero decidessero cosa fare di lei - avidi entrambi, uno rivoleva la parte di dote già pagata, mentre l’altro aspettava il saldo di quanto restava da pagare. Per non perdere dote e alleato, Enrico VII la fidanzò col fratello minore del defunto, il decenne Enrico, in attesa della cui crescita la tenne poi quasi in ostaggio, isolandola dai contatti e lesinandole le risorse. Lei peraltro diede prova di intraprendenza, cercando di scavalcare la sorveglianza cui era sottoposta per appellarsi ai sovrani suoi genitori; a un certo punto riuscì addirittura a farsi nominare ambasciatore spagnolo presso la Corte inglese. Nel 1509 Enrico VII morì, e suo figlio, ormai diciottenne, la impalmò con fierezza. Per molto tempo i due andarono d’amore e d’accordo, anche se Caterina non riuscì a produrre l’erede maschio che il re sognava. Uno morì dopo pochi giorni, almeno altri due nacquero prematuramente, e già morti; sopravvisse solo una femmina. Nel frattempo Caterina si rese popolare grazie al contegno sobrio e alle opere benefiche. Una volta che funse da reggente (il marito era in Spagna, abbindolato dal suocero in un conflitto inane), vinse addirittura una guerra, infliggendo agli scozzesi la definitiva sconfitta di Flodden (1514).

A cambiare la Storia fu un’altra donna, la giovane, bella e disinibita Anna Bolena, figlia di un nobile. Dopo un trascorso con la sua sorella maggiore, Enrico VIII mise gli occhi su di lei, che però da vera allumeuse flirtò e lo tenne sulla corda - o nozze o niente. Al re che si arrovellava, qualcuno ricordò allora che forse il suo matrimonio, benché ormai vecchio di ben diciotto anni, poteva essere invalidato in quanto incestuoso: in un passo del Levitico la Bibbia vieta infatti di impalmare la vedova di un fratello. Ma a parte che altrove la stessa Bibbia, vedi il Deuteronomio, loda invece proprio colui che sposi la vedova di suo fratello, nel caso specifico era stata chiesta e ottenuta una dispensa papale. Roma, cui ora si rivolse, non avallò quindi i tardivi scrupoli di Enrico, anche se il tentennante papa Medici rinviò un giudizio definitivo, sperando che nel frattempo Caterina morisse, o almeno che qualcuno, come il gottoso cardinal Casteggio, inviato a tale bisogna, la convincesse a farsi da parte spontaneamente, magari entrando in un convento.

Sennonché Caterina non accettò le ragioni del marito e, quando questi la fece convocare per discutere pubblicamente il caso, spiazzò tutti inginocchiandosi davanti a lui, dichiarandogli amore, obbedienza e fedeltà, e infine sfidandolo ad affermare di non averla trovata vergine la prima notte delle loro nozze. Già, perché per rafforzare la vecchia dispensa papale l’entourage di Caterina sostenne che quelle col gracile Arturo non erano state nemmeno consumate. Lì per lì Enrico non ardì contraddirla. Caterina si rialzò maestosamente e lasciò l’aula dove non accettò mai più di ricomparire. Ma incalzato da quella belva di Anna Bolena (che pretese progressive umiliazioni di Caterina e anche di sua figlia Maria ormai considerata illegittima, facendosi tra l’altro consegnare i gioielli della regina), e sconfitto sul piano del dibattito, Enrico finì per ricorrere alle maniere forti, fino ad autonominarsi capo della Chiesa inglese, con conseguente condanna per tradimento di coloro che volevano restare fedeli a Roma. Tra questi il vescovo di Rochester John Fisher e il Lord Cancelliere dimissionario Tommaso Moro furono decapitati. Fu per riguardo al loro rango: gli altri dissidenti venivano impiccati per un po’, quindi, ancora vivi, sbudellati molto lentamente.

Sempre più emarginata, spogliata di ogni privilegio e persino affamata, Caterina non rinunciò mai a farsi chiamare regina da chi aveva intorno, e intorno a lei si raccolse un notevole ancorché violentemente represso consenso popolare, soprattutto femminile. Il declino durò alcuni anni. Da ultimo il suo orgoglio iberico si portò nella tomba il rimorso di avere causato uno scisma che un sacrificio personale avrebbe potuto evitare. Peraltro, meglio che niente, Caterina aveva scongiurato una guerra: Chapuys, il savoiardo ambasciatore di Carlo V che le fu vicino negli ultimi tempi, le diede atto di avere diffidato il potente nipote, il quale per la verità la spalleggiava senza troppo ardore, dallo scatenarne una per lei. Caterina si spense nel 1536, solo sei mesi prima che la sua rivale Anna Bolena salisse sul patibolo, condannata dal sovrano che era riuscita a esasperare. Anche lei invece del sospirato maschio aveva prodotto solo una femmina, che il padre si affrettò a escludere dalla successione, come aveva fatto con la sua sorellastra. Ma le figlie di Enrico VIII avrebbero regnato lo stesso, prima Maria che per vendicare la madre si meritò l’epiteto di Sanguinaria, quindi, gloriosamente, Elisabetta.

mercoledì 17 agosto 2011

Capelli in forma sotto il sole

Gli ultimi consigli per avere capelli belli sotto il sole. Non solo i prodotti giusti, anche qualche buona abitudine da ripetere con regolarità.
Una "buona condotta" nella cura dei capelli è necessaria innanzitutto per avere una chioma sana da sfoggiare in spiaggia. Ma soprattutto per continuare ad averla anche dopo, quando si rientra e i possibili danni vengono a galla. Già, perché abitudini errate mostrano le loro conseguenze sui capelli più lentamente rispetto, ad esempio, alla pelle.

A parte l'uso di solari specifici per capelli, sia durante sia dopo l'esposizione, è importante ricordare qualche altro accorgimento. Intanto evitare decolorazioni e permanenti proprio prima delle vacanze. Approfittare della temperatura più calda per abbandonare il phon ed evitare la piastra il più possibile. Proteggersi con cappelli e bandane per evitare scottature al cuoio capelluto. Inoltre, i raggi Uva e Uvb sono i responsabili della perdita di colore e di struttura del fusto. Ricordarsi poi di fare la doccia anche ai capelli subito dopo il bagno in mare, perché la salsedine li disidrata.

Le buone abitudini non sono solo per i giorni di esposizione a mare, sole, vento. Al rientro in città, è utile nutrire il capello con prodotti ristrutturanti e antiossidanti, da settembre e dicembre, per integrare minerali, vitamine e aminoacidi. Utile anche uno scrub del cuoi capelluto, per aiutare a eliminare le cellule morte.

L'alimentazione è una carta trasversale da giocare sempre. Frutta e verdure mantengono il primato per sali minerali e vitamine, ma anche legumi, carne, uova e frutti di mare possono aiutare a fornire un sostegno adeguato.

(a cura di ESTETICA)

lunedì 15 agosto 2011

A cena fuori: 15 dritte per non sgarrare

I consigli degli esperti per coniugare piacere e salute, senza rimorsi
Periodo di vacanze, serate all’aperto e uscite con gli amici: tutte occasioni per cenare fuori. Ma come la mettiamo se magari siamo a dieta? Oppure se non vogliamo appesantirci troppo o, ancora, vogliamo mantenere il peso forma acquistato con tanta fatica prima dell’estate?
Basta seguire i 15 preziosi consigli dispensati dagli esperti di Melarossa.

Ecco, di seguito, le regole d’oro per vivere una serata in compagnia in tutta tranquillità e serenità.

Pianificate il vostro pasto
1) Scegliete un ristorante che propone cibi sani: andate sul sicuro con uno che già conoscete oppure, se decidete di sperimentarne uno nuovo, controllate prima il menù sul suo sito web. In alternativa, telefonate e chiedete quali sono le sue specialità. Se non vi convince, cambiate strada.

2) Cercate di non arrivare al ristorante affamati: è difficile trattenersi se si ha un appetito da grizzly.

3) Fatevi uno schema mentale di quello che volete ordinare: se avete già le idee chiare, sarà più facile non farsi tentare da quel meraviglioso antipasto misto a 7 portate che campeggia sulla prima pagina del menù.

Controllate le porzioni
4) A casa, esercitatevi a misurare volume e dimensioni di una porzione “giusta” per voi: una volta al ristorante, riuscirete a capire meglio se il piatto che vi hanno portato è alla vostra portata o rischia di compromettere una settimana intera di dieta.

5) Siate consapevoli che la maggior parte delle persone finisce per mangiare tutto quello che trova nel piatto; quindi ordinate una mezza porzione per evitare di cadere in tentazione.

6) Mangiate lentamente: appoggiate la forchetta nel piatto o bevete un sorso d'acqua tra un boccone e l'altro. E non dimenticate di trovare il tempo per chiacchierare.

7) Se siete a cena con tutta la famiglia e volete ordinare un menù unico, chiedete almeno un paio di porzioni in meno rispetto al numero dei commensali. Non fate mai mancare piatti a base di verdure e usateli per riempirvi metà del piatto, in modo da non avere la tentazione di abbuffarvi di altro.

8) Se la cena è a buffet, adottate la tecnica del piatto da picnic: riempitelo per metà di frutta e verdura, per ¼ di alimenti proteici leggeri e per l'ultimo quarto di carboidrati. Passate in rassegna con lo sguardo il tavolo con le pietanze, individuate quella che più vi tenta, concedetevene una porzione piccola e godetevela per gratificarvi. E ovviamente, fate un solo giro al buffet.

Personalizzate il vostro menù
9) Non siate timidi: se non siete sicuri di come è cucinato un piatto o di quali sono gli ingredienti che lo compongono, nel caso chiedete. Meglio fare una domanda in più che vedersi portare in tavola uno spezzatino che galleggia nell’olio.

10) Se la vostra carne arriva condita con una salsa che promette di far ingrassare al solo sguardo, non abbiate timore di chiederne un altro piatto, senza salse oppure con una salsa più leggera o a base di verdure.

11) Chiedete senza imbarazzo che i cibi saltati in padella siano preparati con poco olio.

Occhio ai campanelli d'allarme
12) State lontani da piatti con molti ingredienti: spesso alla ricchezza dei nomi si accompagnano anche abbondanti calorie.

13) Scartate anche i piatti che, già dal nome, fanno pensare a un elevato contenuto di grassi: parole come fritto, croccante, cremoso, spalmabile, imburrato, in casseruola non vanno proprio d'accordo con la vostra dieta.

14) Occhio anche a queste parole, che spesso sono indice di un alto contenuto di sale: affumicato, sott'aceto, in brodo, marinato.

15) Ecco invece le “parole buone”, che indicano cibi sani: al naturale, fresco di stagione, grigliato, in camicia, al vapore.

[lm&sdp]

In collaborazione con melarossa.it

mercoledì 15 giugno 2011

Dimagrire con il piatto unico

E’ più facile dimagrire scegliendo fra varie pietanze o con un piatto unico? Secondo gli studiosi americani, poter scegliere non è un bene.

Infatti, secondo lo studio condotto presso la Pennsylvania State University, di fronte alla varietà si tende ad introdurre un apporto calorico maggiore.

Lo studio, pubblicato sulla rivista “Appetite” ha dimostrato come servendo a 48 volontari quattro portate diverse si arrivavano ad assumere fino al 60per cento di calorie in più rispetto a quando agli stessi volontari, veniva servita per 4 volte consecutive la stessa portata.

lunedì 13 giugno 2011

dieta vegetariana

Porri in umido: a 2 cucchiai di olio e 50 g di cipolla unite 200 g di polpa di pomodoro e 1200 g di porri sottili lessati e tagliati a pezzi. Salate, cuocete 10 minuti e unite 70 g di provolone dolce a dadini. Servite con una fetta di pane integrale tostato a testa da 60 g.

So che il sole può far male,

MILANO - Il sole? «Fa male, ma non a me». È questo l'atteggiamento degli italiani nei confronti del sole, secondo i dati emersi da un'indagine presentata di recente a Sorrento, durante il Congresso Nazionale di Scienze dermatologiche. Perché, se è vero che 9 italiani su 10 sanno che stare al sole senza protezione danneggia la pelle, la fa invecchiare prima e può far venire tumori cutanei, è altrettanto certo che nella pratica tanti pensano che la cosa, in fondo, non li riguardi: stando ai risultati dell'inchiesta, condotta da GfK Eurisko su mille persone maggiori di 14 anni, il 40% degli italiani fa a meno della protezione solare. «Abbiamo ripetuto un'indagine già condotta con gli stessi criteri 10 anni fa, per capire com'è cambiato il comportamento degli italiani al sole — spiega Isabella Cecchini di Eurisko —. È cresciuta la consapevolezza dei danni da sole, ma come eventualità distante: chiedendo ai partecipanti se percepissero a rischio la loro stessa pelle, solo il 46%ha detto di sì. È cambiato anche l'atteggiamento verso i solari, che oggi non sono più considerati cosmetici, ma strumenti di salute: dal 2001 a oggi gli italiani che li usano, scegliendo indici di protezione maggiori rispetto al passato, sono 4 milioni in più. Ma c'è ancora un 28% che non mette alcuna protezione e un 11% che ricorre a prodotti diversi dai filtri solari».

Non pochi i nodi irrisolti: il 60% dei lavoratori all'aperto, ad esempio, non usa protezione, nonostante sia più a rischio, perché pensa di avere la pelle "robusta". Inoltre, pochissimi considerano pericoloso il sole se non stanno su una spiaggia: meno di un terzo degli italiani si protegge quando fa giardinaggio, gite in bici, o sport all'aria aperta. «Un dato positivo? Le mamme: sono molto consapevoli, quasi tutte usano solari per i loro figli, impiegando prodotti con fattori elevati» fa notare Cecchini. Per fortuna, perché come racconta Tullio Cainelli, docente di dermatologia all'Università Milano-Bicocca: «Pochi anni fa uno studio condotto in alcune scuole elementari aveva dimostrato che 1 bimbo su 4 aveva già avuto ustioni solari con eritema e vescicole, quelle che predispongono ai tumori».

Sono abbastanza attenti alla protezione anche i 50, 60enni, perché hanno già toccato con mano gli effetti negativi del sole sull'invecchiamento, o i tumori cutanei. «Al contrario, gli adolescenti non hanno il concetto del pericolo legato all'esposizione solare — aggiunge Fabio Ayala, presidente del Congresso di Scienze dermatologiche —. Del resto, la maggior parte della luce solare viene assorbita entro i 18-20 anni, quando si passa più tempo all'aperto e in vacanza. È quindi proprio nei ragazzini e nei giovani che bisognerebbe cercare di migliorare i comportamenti al sole». Obiettivo che per ora non è stato centrato: un'indagine condotta su oltre 1200 studenti delle scuole superiori in Abruzzo, presentata all'ultimo congresso della Società Italiana di dermatologia (Sidemast), dimostra che il 97% dei ragazzi ha sentito parlare dei tumori cutanei e il 70% sa che il sole può far male, ma solo il 13% si protegge sempre, il 40% non lo fa mai. «Le ragazze sono più informate ma non rinunciano alle lampade abbronzanti e, se devono proteggersi, preferiscono stare sotto l'ombrellone piuttosto che indossare la maglietta, come fanno più spesso i maschi» racconta Ketty Peris, direttore della Clinica dermatologica dell'Uuniversità de L'Aquila. «Dovremmo far sparire il fascino dell'abbronzatura, ma è impossibile. Stando così le cose, qualsiasi messaggio che demonizzi il sole è destinato a fallire — ammette Giuseppe Monfrecola, docente della Clinica dermatologica dell'Università Federico II di Napoli —. La strategia può essere presentare il filtro solare come un "tutore" per godersi la vacanza e il sole. Tra l'altro, le nuove formulazioni dei solari possono venirci in aiuto: oggi esistono molti tipi di filtri adatti a diverse situazioni. Per esempio, un adolescente ha la pelle un po' grassa o con l'acne? Può scegliere prodotti che contengano sostanze utili a contrastare i problemi cutanei e così essere sollecitato a spalmare la crema».

Altre situazioni in cui si "dimentica" spesso di usare il solare? «In montagna: in estate e pure in inverno, i raggi solari arrivano con forza in quota ed è necessaria una protezione consistente, soprattutto per chi sta molto all'aperto» consiglia Ayala. Ultima raccomandazione, proteggersi soprattutto nei primi tre giorni di vacanza: la melanina, che colora naturalmente la pelle, sotto l'impulso dei raggi solari, ha bisogno di almeno 72 ore per fare il suo lavoro. Lo hanno ribadito i dermatologi durante la conferenza «Donne e salute della pelle» organizzata dall'Osservatorio Nazionale per la salute della Donna (ONDa), sottolineando che proprio la moda (o la necessità) delle vacanze mordi e fuggi comporta un maggior rischio: il tempo scarseggia, così uno schermo ad alta protezione è percepito come un ostacolo all’abbronzatura. «Invece bisogna proteggersi soprattutto nei primi 3 giorni, con schermi "alti", per consentire lo sviluppo lento e graduale della melanina — spiega Francesca Merzagora, presidente di ONDa —. Nei giorni successivi si può ridurre il fattore di protezione, ma bisogna usare gli schermi solari per tutta la vacanza».

Elena Meli
12 giugno 2011